venerdì 14 novembre 2014

La stagione (leggendaria) che è stata: Buster Posey


Magari non ha avuto numeri scintillanti come due anni fa in cui oltre a vincere le World Series venne anche giustamente nominato MVP della National League.
Magari non avrà disputato delle World Series 2014 in maniera straordinaria.
Ma fermarsi alla prima osteria e giudicare superficialmente il signor Buster Posey è quanto di più erratico si possa fare.
Perché se vogliamo applaudire gli exploit di Madison Bumgarner e se intendiamo riempirci la bocca del terzo titolo in cinque anni vinto dai Giants, allora dobbiamo sapere che Buster Posey ne é uno dei suoi principali e più ispirati architetti ed artefici.
Su ogni lancio, su ogni linguaggio del corpo del battitore che ha davanti, su ogni battito di ciglia di un qualsiasi avversario sulle basi Posey sa come reagire. Sa cosa chiamare con i segnali e conosce quasi sempre l'antidoto che serve. Una biblioteca di conoscenza piena di informazioni atte a fermare le velleità offensive altrui a seconda della casistica che si viene a proporre. A questo si aggiunge la sua produzione mazza in mano che molto frequentemente avviene nel momento topico della gara facendo di lui esattamente quel clutch hitter che tutti vorrebbero avere all'abbisogna. Con in aggiunta una disciplina al piatto straordinaria che testimonia la qualità di lettura dei lanci in arrivo.
Uno studente del gioco, un perfezionista, un atleta altamente professionale e dotato di un'etica e di una serietà encomiabili. Un panegirico questo mio pezzo su di lui? No no signori, quanto invece la semplice e splendente realtà.
Non a caso, assieme a quello di Pence di ieri, gli ho dedicato un pezzo senza accomunarlo con altri compagni.
Se la salute l'assisterà avrà lunga vita sia da giocatore che da coach con, in fondo al cammino, un sicuro ruolo da manager.
Un gioiello. Un Giant. Una meraviglia che è già leggenda.
Signore e signori: Buster Posey!

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